Nello spirito di Assisi

Nell’ottobre di venticinque anni fa Giovanni Paolo II realizzava il celebre incontro interreligioso per la pace di Assisi.

Si era in un contesto storico ben diverso da quello attuale: ancora quello, sebbene per poco, della Guerra Fredda. Quell’incontro dava solennemente forma, sotto questo aspetto, alla speranza di un’umanità che da quarant’anni era vissuta nell’incubo della distruzione nucleare. Sotto un altro aspetto però anticipava un’epoca nuova, di cui già era dato cogliere i segni. Dissoltosi di lì a poco in modo incruento l’impero sovietico, in cui si era materializzato il sogno di una società interamente secolarizzata, le tradizioni religiose dell’umanità sarebbero tornate infatti ad avere un posto centrale nella coscienza collettiva, nel bene e nel male: cioè in quello di cui gli esseri umani non possono evidentemente fare a meno, perché alimenta ogni ambito della vita individuale e collettiva; ma anche nel lato oscuro da cui spesso le religioni non hanno saputo separarsi, vale a dire le implicazioni in rapporti di potere e i conflitti che ne derivano. Problemi antichi tornavano ad affacciarsi, non perché la storia avesse camminato a ritroso, ma per il semplice ripresentarsi della condizione umana di sempre, della responsabilità morale da cui nessun sistema sociale può sollevarla.

Tornare allo spirito di Assisi, come innanzitutto testimoniato dal nuovo incontro convocato da Benedetto XVI, vuol dunque dire ricollegarsi a un evento che irradia luce su questo nostro tempo, il cui senso deve ancora essere in gran parte compreso.

Il contributo che vogliamo offrire consiste in un confronto con esperienze, come quelle di Raimon Panikkar e dei religiosi cristiani che diedero vita in India a Saccidananda Ashram, che hanno fatto dell’incontro delle tradizioni un autentico cammino spirituale. È possibile che da percorsi in apparenza così particolari scaturiscano conseguenze di portata universale per l’esperienza odierna della fede, e in genere per la comprensione dell’orizzonte in cui ci è dato vivere.

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