Doni, flebili tracce.

nativita coptaNon è, il Natale, dal punto di vista liturgico la più importante festa cristiana, cosa che è la Pasqua; ma non a caso è la più popolare. Per quanto infatti i discepoli abbiano fin da subito fondato la loro fede sul duplice evento della Morte e Resurrezione, la devozione lungo i secoli ha colto nella Nascita la premessa in cui l’evento è custodito: cioè l’Incarnazione, l’abbassamento del divino nell’opacità della forma umana, affinché la natura di quest’ultima sia rinnovata. Nella tenerezza del Bambino cullato dalla Madre è del resto il mistero della vita che si rinnova, di cui ogni famiglia è in ogni tempo testimone.

Il fatto che nella società secolarizzata, o anche in contesti non cristiani, il Natale abbia trovato diffusione come festa profana dei regali, non ne snatura più di tanto il senso. E non tanto perché il Bambino è un archetipo universale, che in differenti tradizioni trova corrispondenze, o perché il senso dell’Incarnazione si estende ovunque il divino abbia preso dimora nel mondo simbolico e sociale degli uomini; ma per una ragione più intrinseca.

Se, nell’economia della salvezza, Dio non ha disdegnato una Nascita umile, in quel mondo di povertà materiale che inizia oltre le soglie dei potenti, si può pensare che abbia misericordia per la povertà spirituale così tipica del nostro mondo. Scambiarsi i doni, anche per chi non abbia altra memoria, è pur testimonianza della gratuità che è oltre il muro dell’utilitarismo. 

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