N° 41 - Buone Feste - 21-12-2009

Scritto da Super User.

 

BUONE FESTE

Lo stravolgimento consumistico della festa cristiana del Natale, tipico delle società del benessere, non riesce del tutto ad oscurare il senso spirituale che vi è connesso. Anche l’uso dei doni si collega a un senso profondo della festa, cioè al conviviale, al gratuito e in ultimo al sacro. Non a caso ogni tradizione ha le sue feste dei doni, e anche della luce.
Nella tradizione cristiana il dono per eccellenza è Cristo, il pieno manifestarsi nella dimensione umana del senso trascendente che la pervade. In altre prospettive, diversi appaiono i riferimenti e le figure, ma lo sguardo della fede non può, tanto meno oggi, non scorgere la stessa luce. Addirittura nel fervore con cui nella società secolarizzata ci si accinge comunque a festeggiare, pur non sapendo per lo più che cosa, quella luce si riflette, inevitabilmente. E allora, con tutto il cuore, buone feste.

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COME UN FIORE A GENNAIO

Ermis Segatti

Avvento

Troppe cose abbiamo saggiato e assaggiato, cara –
Per una crepa troppo ampia non passa alcuna meraviglia.
Ma qui, in questa stanza oscurata di Avvento
Dove il pane nero secco e il tè amaro
Della penitenza ci ridoneranno lo sfarzo
Dell’anima di un bambino, noi restituiremo nel Giudizio
La conoscenza che abbiamo rubato, ma non abbiamo saputo usare.

E la novità che c’era negli oggetti impolverati
Quando da bambini li scoprivamo; la stupefacente
Meraviglia di una scura collina ondulata dell’Ulster,
Oppure il profetico incanto nascosto nelle chiacchiere moleste
Di un vecchio pazzo: per noi si desteranno e ci condurranno –
Tu e io – fino al cancello del giardino a guardare le ginestre
E i fossi delle torbiere, le carraie, le vecchie stalle dove il Tempo ha inizio.

E dopo Natale non ci sarà bisogno di andare in cerca
Della differenza segnata a fuoco da un antico detto:
La ascolteremo nel sommesso conversare attorno alla zangola
O nelle strade dove vanno ciondoloni i ragazzi del paese.
Pure la ascolteremo tra uomini semplici e dignitosi,
Che trasportano carriole di concime nei giardini sotto gli alberi,
Dovunque la vita riversa la sua ordinaria pienezza.

Non saremo ricchi, io e il mio amore, e grazie
A Dio non chiederemo il rimborso per le nostre ragioni,
O il perché della straziante stranezza di una siepe gocciolante,
Né analizzeremo il sospiro di Dio nel parlare ordinario.
Abbiamo gettato nella pattumiera le monete d’argilla
Del piacere, la conoscenza e l’ora consapevole –
E Cristo viene con un fiore di gennaio.

(Patrick Kavanagh, Andremo a rubare in cielo, 55)

Rubare Natale dal cielo alla terra: la campagna irlandese, quasi perduta, povera, essenziale,
immagine dell’intera storia, fin da principio e sempre.

Un uomo e una donna: Adamo ed Eva, il poeta e la sua donna in una trama personale e universale.

Il peccato delle origini: la conoscenza rubata e distorta nell’abuso.

Un tempo di riscatto: Avvento di penitenza in attesa e in risveglio d’anima.

Il peccato da sempre: la crepa troppo ampia della conoscenza smisurata senza la meraviglia.
Bambini ridonano a oggetti impolverati o a parole strane il perduto splendore, la gioia della conoscenza.
Un giardino di tutti i giorni ridona a noi lo sguardo dell’inizio, all’Eden del Tempo.

Meraviglie di Avvento tra uomini semplici e dignitosi.
La ordinaria pienezza di volti di tutti i giorni..

Si resta poveri. La pioggia tormenterà la siepe.
Gettate nella pattumiera le ansiose domande su Dio e le false monete del piacere,
Cristo verrà come un fiore a gennaio

Buon Avvento. Buon Natale. Buon gennaio, con un fiore.

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Ancora buone feste.

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