Famiglia e religione

uomo-donnaCon viva soddisfazione salutiamo il successo del convegno di Torino sulla Laudato si’. Un ampio riconoscimento istituzionale e una generosa presenza di pubblico hanno premiato la scelta di esaminare l’enciclica di Papa Francesco nella prospettiva più significativa per il nostro tempo: quella interculturale. Proponiamo la videoregistrazione del convegno, quale contributo al dibattito in corso.

 

Grande attenzione stanno suscitando in tutto il mondo i lavori del Sinodo dei Vescovi della Chiesa Cattolica sulla famiglia. Un’attenzione in gran parte sincera, per l’importanza che gli indirizzi della Chiesa rivestono comunque e per chiunque; e tuttavia non priva di elementi che ne distorcono la lettura.

Soprattutto è chiaro che nel circuito mediatico le attese vengono per lo più canalizzate nel quadro di una logica che non è quella della Chiesa, e spesso anzi in contrasto con essa. Si veda in particolare il diverso senso che acquistano gli inviti all’apertura a seconda che vengano da Papa Francesco oppure dai giornali che si fanno portavoce dell’opinione pubblica, in realtà plasmandola.

In questo secondo caso l’apertura non è altro che adeguazione a un corso delle cose dato come indiscutibile, rispetto al quale la Chiesa sarebbe in arretrato. Nel primo invece l’apertura non è al mondo in quanto tale ma alla perenne novità che è intrinseca al Vangelo, che il rapporto con il mondo porta di volta in volta alla luce. Come è scritto nella Laudato si’,

 

Lo stesso cristianesimo, mantenendosi fedele alla sua identità e al tesoro di verità che ha ricevuto da Gesù Cristo, sempre si ripensa e si riesprime nel dialogo con le nuove situazioni storiche, lasciando sbocciare così la sua perenne novità.[1]

 

Le due prospettive sono ben diverse, per quanto non sempre facilmente distinguibili.

Da una parte, assumendo il punto di vista di una cultura che si vuole critica, si dà per scontato che le chiavi di lettura e i valori dominanti siano ciò a partire da cui la vita della Chiesa deve essere giudicata. Di conseguenza sono “aperti” coloro che accettano di conformarsi, “chiusi” quanti vi si rifiutano. Dall’altra invece il criterio di giudizio è in un patrimonio spirituale intimamente posseduto, da porre in dialogo creativamente col proprio tempo. In questo senso l’apertura è allo Spirito, che è fedeltà e dialogo insieme; è portare alla luce in forme nuove la verità di sempre.

Detto in altri termini, l’apertura è a una comprensione compassionevole e misericordiosa del proprio tempo. Gli uomini che lo abitano non sono migliori né peggiori di quelli di altre epoche. Diverse sono le forme in cui il male si manifesta, diversi dovranno essere i mezzi per curarlo.  

 

Qualcuno potrebbe chiedersi perché la Chiesa più che mai insista sulla famiglia.

Potrebbe esser facile rispondere indicando un ben noto scontro culturale in atto nelle società occidentali. Il problema però è più grande ancora.

L’umanità si trova oggi sospinta verso condizioni sempre più radicalmente diverse dal passato. Lo sviluppo tecnologico e i mutamenti sociali disegnano scenari fino a poco tempo fa difficilmente immaginabili. Non solo il degrado ambientale mette in pericolo la sopravvivenza della vita, ma quest’ultima è minacciata dall’estraniamento dalle condizioni finora conosciute, entro cui gli uomini da sempre si riconoscono come tali.

Urge la domanda: è il caso di guardare solo avanti, ignari delle rovine che si accumulano alle spalle, oppure invece di volgersi con sguardo misericordioso a ciò che ha finora consentito il fiorire della vita?

Ecco, è in quello sguardo che appare la famiglia, radice dell’umanità di ogni tempo.

In ogni epoca e cultura la famiglia è stato il grembo entro cui la vita umana ha preso forma. Un certo rinnovato delirio prometeico sembra oggi volerne prescindere, consegnandone le chiavi al dominio tecnologico e consumista. È comprensibile che la Chiesa stia promuovendo una resistenza a ciò. In realtà anche le altre religioni sono interpellate. In vario modo ciascuna, lungo i secoli e i millenni, ha fornito un quadro di certezze entro cui la vita si è potuta riprodurre.

Può darsi che davvero famiglia e religione siano legate. Ma non perché, come si pensava un tempo, costituiscano i pilastri dell’ordine costituito. Oggi, in un’epoca di nichilismo esplicito, appare chiaramente che i poteri dominanti si basano su tutt’altro. Sul nulla.

 

Sarebbe interessante conoscere quale percezione della famiglia abbiano le comunità immigrate. Stranamente su ciò non vengono mai interpellate. È stato fatto a Torino, in una ricerca tuttora in corso: https://www.facebook.com/Radici-dell-Umanit%C3%A0-1417334641870565/timeline/. Cominciamo a parlarne.



[1] Laudato si’, 121

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